Cari concittadini,
E’ più di un anno che, senza chiedere il nostro parere, avanza la proposta della fusione tra il nostro Comune e Casale Monferrato. Ma nel frattempo crescono anche i dubbi sull’utilità di un’operazione che, senza vantaggi evidenti, rischia di trasformare Camagna, città “patrimonio dell’umanità” per l’Unesco, in un quartiere periferico di una città 70 volte più grande.
Il progetto non ci convince. Anzi, non ci piace proprio per molte ragioni a partire dall’aria di riservatezza (o mistero?) che circonda l’operazione.
Parliamone, invece, alla luce del sole. Senza trascurare alcun aspetto: la natura del referendum, i suoi costi, gli obiettivi ed i (presunti) vantaggi dell’operazione. Ma anche i rischi che corre la nostra Comunità. E le alternative a queste nozze tra Davide (Camagna) e Golia (Casale) che minacciano la nostra identità.
Parliamone subito, perché siamo già in colpevole ritardo. Sarebbe stato assai più giusto e democratico farlo PRIMA che il consiglio comunale votasse per la fusione, senza che l’argomento sia ma stato trattato in campagna elettorale. Invece, si è voluto procedere con un voto del consiglio comunale del dicembre scorso SENZA AVER INFORMATO I CAMAGNESI sia sulla portata del progetto che sul suo sviluppo. E nel frattempo la giunta del sindaco Claudio Scagliotti, con la complicità del capogruppo di minoranza, Luca Beccaria, continua ad avere, in gran segreto, incontri con i rappresentanti di Casale.
A questo punto s’impone un’informativa completa ed esauriente su ogni punto del progetto. A partire dalla natura del referendum che dovrà tenersi dopo la valutazione dello studio di fattibilità da parte dei consigli comunali. I risultati saranno vincolanti o sarà un voto solo consultivo anche se costerà almeno 150 mila euro a Casale? Nella loro lettera di dicembre il sindaco Scagliotti e il capogruppo di minoranza Luca Beccaria hanno sostenuto che il referendum comunale, da tenere “probabilmente già in primavera”, avrebbe avuto “effetto vincolante”. Ma in consiglio comunale il sindaco di Casale Titti Palazzetti ha affermato che “la decisione finale spetta alla volontà sovrana del Consiglio comunale di ciascun ente coinvolto”. Insomma, votate pure, poi decidiamo noi.
PERCHE’ LA FUSIONE?
Perché così si potranno attingere fondi sia dallo Stato che dalla Regione. E’ una pia illusione. Con la finanziaria 2016 lo Stato ha messo a disposizione operazioni di fusione 30 milioni di euro che sono già contesi tra le decine di Comuni in cui i progetti per la fusione sono già avviati e tra quelli che si sono fusi prima del 2016. Dalla Regione Piemonte, che ha un debito enorme e sta tagliando su tutto, arriveranno 65mila euro una tantum, più 25mila euro a Camagna e 350mila euro a Casale. E non dimentichiamo che i quattrini finirebbero comunque nelle casse di Casale.
E CHE DIRE DELLE TASSE?
Camagna ha imposte più basse rispetto a quelle di Casale Monferrato. Guardiamo alla tassa sui rifiuti: i residenti di una casa di 132 metri quadri da noi pagano 170 euro circa, a Casale quasi 300; se la casa è di 150 metri quadri da noi spendono 216 euro e a Casale quasi 380, mentre un ristorante di 200 metri quadri da noi pagherà poco più di duemila euro e dai vicini dovrà sborsarne più del doppio, quasi 4.600 euro. Siamo sicuri che le cose non cambieranno dopo la fusione?
PARLIAMO DI SERVIZI
I sindaci Scagliotti e Palazzetti assicurano che dopo la fusione Camagna manterrà un suo “municipio”. Almeno per ora. Ma in futuro? Per quanto tempo la Città di Casale Monferrato, coi suoi debiti crescenti, manterrà una piccola struttura amministrativa in un “quartiere di periferia”, lontano 16 chilometri dal centro?
La legge prevede che i Comuni sotto i 5 mila abitanti si uniscano per ridurre i costi della macchina amministrativa senza creare danni ai cittadini. Ma queste operazioni funzionano quando partono dal basso, non quando vengono imposte senza tener conto del consenso dei cittadini. Questa considerazione ci spinge a caldeggiare il Comune a riprendere la strada dell’Unione di Betlemme, alleanza tra Comuni vicini, con dimensioni e problematiche simili, snobbata in questi mesi a vantaggio del progetto Casale.
L’alternativa, dunque, c’è: un accordo tra “pari”, tra Comuni di una zona omogenea, con obiettivi economici simili e preoccupati di difendere la propria identità come impongono i nostri “infernot”, la cura della nostra storia e delle nostre tradizioni e, soprattutto il nostro status di “patrimonio dell’Unesco”, che rischia altrimenti di svenduto per interessi che hanno ben poco a che vedere con la tutela del nostro territorio.
Perché nel Consiglio Comunale di Camagna maggioranza ed opposizione hanno scelto un’altra strada? Si capisce l’interesse di Casale ad accrescere la sua massa critica. Assai meno quella di Camagna, che rinuncia ad una sua identità per affidarsi a un partner che non potrà che privilegiare altro obiettivo. Ma ancor meno si capisce l’interesse dell’opposizione. Salvo prender atto che Luca Beccaria, capogruppo di minoranza, lavora per la Scer.Pa Srl sede legale a Novi Ligure e sede operativa ad Alessandria, che si occupa di consulenza e assistenza per le pubbliche amministrazioni. Titti Palazzetti, secondo quanto ha recentemente dichiarato a Il Monferrato, vorrebbe usufruire “della competenza di Luca Beccaria” per lo studio di fattibilità dell’incorporazione di Camagna. In una lettera aperta pubblicata da Il Monferrato lo scorso 11 marzo, Beccaria si dice in pratica indignato per il sospetto di conflitto di interesse.
Ne prendiamo atto, ma c’è una via maestra per convincere i maligni: rinunciare all’incarico di consulente per lo studio di fattibilità.